Perché si diventa obesi? Alla ricerca delle cause psicosomatiche e il ruolo delle emozioni

L’obesità è un fenomeno complesso che può essere influenzato da una combinazione di fattori genetici, ambientali, biologici e psicosomatici. Le cause psicosomatiche dell’obesità si riferiscono a come le emozioni, i traumi psicologici, le dinamiche relazionali e lo stress possano influire sul comportamento alimentare e sulla gestione del peso.

Le persone che vivono situazioni di stress o ansia tendono a mangiare di più, spesso scegliendo cibi ad alto contenuto calorico e poveri di nutrienti, per cercare di alleviare la tensione emotiva. Questo comportamento è noto come “alimentazione emotiva“. Lo stress cronico, in particolare, può portare a un eccessivo rilascio di cortisolo, un ormone che stimola l’appetito e promuove l’accumulo di grasso, specialmente nella zona addominale.

In alcuni casi, le persone con depressione possono ricorrere al cibo come meccanismo di coping per affrontare il dolore emotivo. Mentre alcune persone perdono l’appetito durante periodi di depressione, altre, invece, mangiano eccessivamente per cercare sollievo. Questo comportamento può portare a un circolo vizioso di guadagno di peso e peggioramento dello stato emotivo.

Anche gli individui con bassa autostima o una visione distorta del proprio corpo possono affrontare la difficoltà di gestire il proprio peso. In alcuni casi, un conflitto interno riguardo all’immagine corporea può portare a comportamenti alimentari disfunzionali, come abbuffate o restrizioni alimentari estreme, che possono sfociare in obesità o in disturbi alimentari.

Le cause psicosomatiche dell’obesità comprendono inoltre altri disturbi psicologici; alcune persone possono sviluppare una relazione con il cibo basata sulla necessità di controllo. In questi casi, l’alimentazione può essere influenzata da un desiderio di “controllare” il proprio corpo o la propria vita, specialmente in situazioni in cui altre aree della vita sono percepite come fuori controllo.

La teoria emotiva dell’obesità: il legame tra peso ed emozioni

La teoria emotiva dell’obesità esplora il legame tra il peso corporeo e le emozioni, suggerendo che le difficoltà emotive, psicologiche e comportamentali possano giocare un ruolo centrale nello sviluppo e nel mantenimento dell’obesità. In questa prospettiva, l’alimentazione non è solo vista come un atto fisiologico di soddisfazione di necessità nutrizionali, ma come una risposta a bisogni emotivi o psicologici.

L’alimentazione emotiva è uno dei concetti chiave nella teoria emotiva dell’obesità. Essa si riferisce al comportamento di mangiare in risposta a emozioni piuttosto che a fame fisica. Quando una persona si sente triste, stressata, annoiata, ansiosa o sola, potrebbe cercare conforto nel cibo, un meccanismo che può temporaneamente alleviare le emozioni negative. I cibi ad alto contenuto di zucchero, grassi e carboidrati sono particolarmente ricercati in questi momenti, poiché stimolano la produzione di neurotrasmettitori come la serotonina, che favorisce sensazioni di benessere momentaneo.

Il comportamento alimentare emotivo può portare a cicli ripetitivi di abbuffate e rimorso. In momenti di stress o tristezza, una persona può mangiare eccessivamente, ma poi sentirsi in colpa o vergognarsi del proprio comportamento. Questo senso di colpa può scatenare un’altra fase di ansia, portando nuovamente a mangiare per alleviare il dolore emotivo, creando così un circolo vizioso che è difficile da rompere. L’effetto negativo di questi cicli è che il peso può aumentare nel tempo, alimentando ulteriori preoccupazioni per l’aspetto fisico e la salute.

Persona che mangia per sentirsi meglio e poi è sopraffatta dal senso di colpa

La soddisfazione temporanea del cibo è seguita dai rimorsi

Una bassa autostima o una visione distorta del proprio corpo infatti sono fattori emotivi che possono influenzare il comportamento alimentare. Le persone che si sentono inadeguate o che hanno una visione negativa del proprio aspetto fisico possono rifugiarsi nel cibo per gestire emozioni di frustrazione, tristezza o solitudine. Il cibo diventa quindi un modo per “riempire” il vuoto emotivo o per “sopportare” la difficoltà di affrontare la propria immagine corporea.

L’obesità non è solo il risultato di una cattiva gestione emotiva del cibo, ma può anche causare stress emotivo. Le persone obese possono affrontare stigmatizzazione sociale, discriminazione e preoccupazioni per l’aspetto fisico, il che può portare a una riduzione dell’autostima, aumento della solitudine e depressione. Questo può creare un circolo vizioso dove il malessere emotivo porta a mangiare, e il mangiare porta ad aumentare il peso e il malessere.

Le influenze dell’infanzia sulla relazione col cibo

Esperienze traumatiche durante l’infanzia, come abusi fisici, emotivi o sessuali, possono influire sulla relazione di una persona con il cibo. In molti casi, le persone che hanno subito traumi ricorrono al cibo come un modo per sentirsi al sicuro, per compensare la mancanza di affetto o per “sopprimere” emozioni dolorose. Questo tipo di comportamento può contribuire allo sviluppo dell’obesità anche durante l’adolescenza.

Le dinamiche familiari, come la presenza di un ambiente familiare disfunzionale o relazioni problematiche con i genitori, possono influire sul comportamento alimentare. Ad esempio, in alcune famiglie dove il cibo è usato come premio o punizione, o come strumento di controllo, i bambini e gli adulti possono sviluppare una relazione malsana con il cibo.

Se la madre risponde con un’offerta di cibo a ogni espressione di disagio si formerà un legame condizionato tensione/assunzione di cibo. Il bambino ripeterà il meccanismo appreso mangiando in risposta a differenti stati di conflitto.

Nei casi in cui l’obesità sia presente fin dall’infanzia, questa costituisce un elemento importante nello sviluppo del bambino e nelle sue relazioni. Si osserva che i bambini obesi sono molto immaturi ed esageratamente dipendenti dalla madre, poco attivi e poco inseriti tra i compagni.

Le famiglie dei bambini obesi risultano incapaci di svolgere la loro funzione. Le tensioni e i conflitti interni generano un livello di ansia tale da impedire ai genitori di lasciare che il figlio si sviluppi e acquisti autonomia.

L'origine dell'emotional eating è legato anche alle costellazioni familiari

Nelle relazioni si può trovare l’origine del proprio cattivo rapporto col cibo

Le persone obese non si sentono padrone del loro comportamento, delle loro necessità e dei loro impulsi e hanno l’impressione di non possedere il loro corpo. Ritengono di essere sotto l’influenza e il controllo di forze esterne e agiscono come se il loro organismo e il loro comportamento fossero il prodotto dell’influsso e delle azioni altrui.

La patologia del comportamento alimentare è strettamente connessa con questo senso di mancanza di identità, di vuoto, di nullità.

L’inattività fisica sembra essere il fattore più serio e persistente per il mantenimento dell’obesità e l’indizio più grave di uno sviluppo abnorme della personalità. Non è che il bambino si muova poco perché è impacciato dalla sua mole: l’immobilismo ha origini profonde, deriva dall’incapacità di muoversi di moto proprio.

L’obesità, la cui incidenza va progressivamente aumentando, è una patologia che causa un danno importante all’apparato cardiocircolatorio e metabolico. Progressivamente questo aspetto porta a n peggioramento della qualità di vita. Le terapie tradizionali non hanno avuto risultati a lungo termine e finora esiti incoraggianti si possono ipotizzare solo con una rieducazione delle abitudini alimentari e dello stile di vita.

Come sanare il proprio rapporto col cibo

Sanare il rapporto con il cibo è un processo complesso che coinvolge diversi aspetti psicologici, emotivi e comportamentali. Un rapporto sano con il cibo non significa solo mangiare in modo equilibrato, ma anche riuscire a gestire le emozioni senza ricorrere all’alimentazione come unico strumento di coping.

Gli obesi non riescono a comprendere i segnali interni ed esterni e a differenziare le emozioni. Si chiudono in una corazza che impedisce loro di riconoscere le proprie emozioni. Questo li ostacola nel riconoscere il proprio mondo interiore. Diventa necessario, perciò educare ad osservarsi costruendo la propria autostima.

Le tecniche più importanti per combattere l’obesità sono quelle che possono migliorare la consapevolezza del problema. Sarà opportuno adottare uno stile di vita non più sedentario, imparare a riconoscere i propri problemi ed usare delle tecniche per risolverli.

Altro aspetto importante è quello di imparare a riconoscere i propri pensieri disfunzionali e discuterli, imparare a riconoscere i piccoli successi ottenuti e premiarsi. Si deve riuscire a fare questo avendo il controllo dello stimolo fame ascoltando le sensazioni interne, comprendere che nonostante ci possa essere una grande quantità di cibo a disposizione sarà necessario valutare con esattezza quanto cibo si ha già nello stomaco.

Imparare a gestire le emozioni senza ricorrere al cibo è fondamentale. Mangiare non dovrebbe essere una risposta automatica allo stress, alla tristezza o ad altre emozioni difficili.

Le costellazioni familiari sistemiche: una nuova prospettiva per comprendere l’obesità

Le costellazioni familiari possono offrire una prospettiva interessante per comprendere le cause del sovrappeso, poiché si concentrano sulle dinamiche relazionali e sui legami familiari che possono influenzare il comportamento e le emozioni di un individuo. Attraverso questo approccio, si può esplorare come le esperienze passate, le credenze e i modelli familiari possano contribuire a schemi alimentari e a una relazione poco sana con il cibo.

Ad esempio, si potrebbe scoprire che alcune persone mangiano per affrontare emozioni non elaborate o per soddisfare aspettative familiari. Le costellazioni familiari possono aiutare a mettere in luce questi legami invisibili e a comprendere come le esperienze di vita, come traumi o conflitti irrisolti, possano manifestarsi nel comportamento alimentare.

In questo modo, le costellazioni familiari possono fornire uno spazio sicuro per esplorare e rielaborare queste dinamiche, portando a una maggiore consapevolezza e, potenzialmente, a cambiamenti positivi nel modo in cui una persona si relaziona con il cibo e il proprio corpo.

Le costellazioni familiari sistemiche evidenziano come lealtà e credenze familiari possano influenzare il comportamento alimentare e il sovrappeso. Ecco alcune delle più comuni:

  1. Lealtà familiare: Spesso, le persone si sentono legate a membri della famiglia attraverso comportamenti e abitudini. Ad esempio, se un genitore ha l’abitudine di mangiare in modo eccessivo per affrontare lo stress, il figlio potrebbe adottare lo stesso comportamento come forma di lealtà o identificazione.
  2. Credenze sul corpo e sull’immagine: Le convinzioni su come dovrebbe apparire il corpo possono derivare da messaggi familiari. Se in famiglia si enfatizza l’importanza di essere “grandi” o “forti”, una persona potrebbe sentirsi spinta a mangiare di più per conformarsi a queste aspettative.
  3. Credenze sul cibo: Le famiglie possono avere credenze specifiche riguardo al cibo, come l’idea che il cibo sia un modo per esprimere amore o cura. Questo può portare a mangiare in eccesso in occasioni sociali o durante momenti di stress.
  4. Traumi e conflitti irrisolti: Le esperienze traumatiche o i conflitti non risolti all’interno della famiglia possono manifestarsi attraverso comportamenti alimentari. Mangiare può diventare un meccanismo di coping per affrontare emozioni difficili.
  5. Identità familiare: Alcune persone possono sentirsi legate alla loro famiglia attraverso il peso o le abitudini alimentari. Ad esempio, se una famiglia ha una storia di obesità, un membro potrebbe sentirsi obbligato a mantenere quella “tradizione” come forma di appartenenza.
  6. Ruoli familiari: I ruoli che assumiamo all’interno della famiglia possono influenzare il nostro comportamento alimentare. Ad esempio, chi si sente responsabile per il benessere degli altri potrebbe mangiare per “prendersi cura” di sé e degli altri, anche se ciò significa mangiare in modo eccessivo.

Inoltre, a livello transgenerazionale, alcune famiglie che in passato hanno patito la fame per eventi traumatici come guerre, deportazioni o povertà estrema, possono trasmettere inconsciamente ai discendenti l’imprinting secondo cui “oggi si mangia, domani forse no”. In questo contesto, il grasso corporeo può essere vissuto come una protezione o una ricchezza. Nei campi di prigionia, ad esempio, chi era più in carne aveva maggiori probabilità di sopravvivere alla fame e alle malattie. Questa memoria collettiva può influenzare profondamente la relazione con il cibo anche a distanza di generazioni.

Esplorare queste lealtà e credenze attraverso le costellazioni familiari può aiutare a portare alla luce schemi nascosti e a promuovere una maggiore consapevolezza, consentendo di affrontare le cause profonde del sovrappeso e di sviluppare una relazione più sana con il cibo.

Evoluzione di una persona da sovrappeso nell'infanzia a obesa da adulta

Se non si riesce a rompere il circolo vizioso, il rapporto col cibo può peggiorare

Se il tuo rapporto con il cibo è stato influenzato da esperienze di vita traumatiche, è importante affrontare questi aspetti con il supporto di un professionista.

Sanare il rapporto con il cibo è un processo che richiede tempo e impegno. La chiave è imparare a trattare te stesso con gentilezza, accettare le emozioni senza giudicarle e stabilire una relazione equilibrata con il cibo.

Grazie alle mie conoscenze ed esperienza offro un supporto concreto ed empatico a chi ha bisogno di una consulenza specialistica. Mi trovi nel mio studio di Vigodarzere, in provincia di Padova. Contattami e capiremo insieme cosa posso fare per te.

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