Come si inizia a mangiare bene? L’alimentazione psicosomatica e i suoi principi

Iniziare a mangiare bene è un processo che può sembrare difficile all’inizio, ma con piccoli cambiamenti può diventare un’abitudine naturale. Con l’alimentazione psicosomatica abbiamo inoltre la possibilità di comprendere come vi sia una relazione tra corpo e mente nell’ambito della nutrizione.

Il termine “psicosomatico” infatti si riferisce alla connessione tra la sfera psicologica (la mente, le emozioni, i pensieri) e quella somatica (il corpo, la salute fisica). Quindi, l’alimentazione psicosomatica esplora come le emozioni, lo stato mentale e lo stress possano influenzare le scelte alimentari, i comportamenti alimentari e la salute fisica.

L’alimentazione psicosomatica: i principi per iniziare a mangiare meglio

L’alimentazione psicosomatica ritiene che la nutrizione umana non sia limitata al solo processo biochimico di assimilazione gastroenterica delle sostanze nutritive. Si ritiene infatti che nutrirsi sia il modo che il cervello usa per far assimilare il nutrimento attraverso gli organi preposti. Questi hanno il compito di assorbire informazioni mentali che hanno anche un corrispettivo valore di “nutrizione” psicologica ed emozionale. Attraverso questi elementi si elaborano e trasformano le sostanze in energia mentale.

L’alimentazione psicosomatica distingue gli elementi dell’alimentazione umana in:

  • biochimica
  • emotivo-affettiva
  • cognitivo- culturale

Tipi di alimentazione nell'essere umano

L’alimentazione biochimica considera solo gli effetti biochimici del corpo in relazione agli alimenti introdotti. Tale aspetto è di competenza medica. Per il medico la dieta deve essere prescrittiva, volta curare i disturbi, oppure preventiva, ma è importante che agisca con rapidità. In alimentazione psicosomatica si parte comunque da un fattore biochimico (ma non per prescrivere o curare una patologia), e si agisce in direzione della salute, che va perseguita anche attraverso una sana alimentazione.

L’alimentazione emotivo-affettiva è quel bisogno che l’essere umano ha che va oltre il puro nutrimento biochimico. Esso rappresenta il bisogno primario di sentirsi amati, accuditi desiderati.

Per quel che riguarda l’alimentazione cognitivo- culturale, dobbiamo prendere in considerazione la visione psicobiologica in ambito alimentare. Essa comprende anche l’introduzione nella mente di tutti gli stimoli cognitivi che ci arrivano dall’ambiente. Questo avviene attraverso la loro percezione sensoriale con conseguente elaborazione psichica.

Un programma dietetico psicosomatico ha la finalità di sviluppare una nutrizione non egoistica infantile nella quale si cerca solo il soddisfacimento dei propri bisogni affettivi e nutrizionali. Si cerca di promuovere una visione della vita dell’uomo moderno non come isolato, ma parte dell’ambiente e dell’umanità intera. Per questo motivo il bisogno fondamentale da soddisfare è la conoscenza, che è lo strumento migliore per rendere diversa la nostra condizione di vita.

Un’alimentazione squilibrata, confusa e mal gestita va inserita nel soddisfacimento bisogni distruttivi dell’individuo. In questi bisogni si collocano tutti quei comportamenti che vanno a colmare dei vuoti nella vita dell’individuo. Essi producono soddisfazione e benessere momentaneo in modo veloce e apparentemente “senza conseguenze”. In pratica provano a “riempire” quasi in modo istintivo un vuoto, una sensazione spiacevole, una carenza. Come un palliativo, riducono il malessere per un tempo limitato, lasciando però inalterato il problema cui si è cercato di dare risoluzione.

Il consulente in alimentazione psicosomatica deve riuscire a far scattare nel cliente la trasformazione dei bisogni in costruttivi. Inviterà la persona a orientarsi verso il soddisfacimento dei bisogni attraverso un’azione costruttiva e consapevole. Imparerà a sopportare una condizione di sofferenza e fatica attraverso l’impegno.

Tali sforzi suscitano nell’individuo soddisfazione, autostima e aiutano a comprendere di aver conseguito una condizione nuova e di aver raggiunto una maggiore conoscenza di sé, delle proprie capacità e dei propri limiti. Questo momento non è temporaneo ma è una nuova strada da seguire per conoscersi meglio e stare bene.

Il legame tra alimentazione e stato d’animo

Il legame tra alimentazione e stato d’animo è complesso e profondo, ed è alla base di molti comportamenti alimentari. La nostra mente e il nostro corpo sono strettamente connessi, e le emozioni che proviamo possono influenzare ciò che mangiamo, come mangiamo e quanto mangiamo. Allo stesso modo, ciò che mangiamo può influire sul nostro stato emotivo e mentale.

Quando siamo sotto stress, per esempio, possiamo cercare conforto nel cibo, specialmente in quello che ci offre un’immediata sensazione di piacere, come cibi ricchi di zuccheri, grassi o carboidrati. Questo tipo di alimentazione però può portare a un ciclo di dipendenza emotiva dove si mangia non per fame fisica, ma per gestire emozioni difficili.

Stato d'animo e voglia di cibo

Il nostro stato d’animo influenza il tipo di cibo che mangiamo

Ma lo stato emotivo è anche strettamente legato alla produzione di ormoni, che a loro volta influenzano l’appetito e la scelta dei cibi. Inoltre alcuni alimenti possono avere un impatto positivo sul nostro stato d’animo grazie ai loro nutrienti specifici. Per esempio:

  • l’Omega 3 contenuto nel salmone così come nelle noci e nei semi di lino è associato a un miglioramento dell’umore e può aiutare a combattere la depressione
  • il Magnesio invece è noto per le sue proprietà rilassanti e calmanti, e mangiare alimenti ricchi di magnesio come spinaci, mandorle e semi di zucca può aiutare a ridurre l’ansia e migliorare la qualità del sonno.

Per quanto riguarda le intolleranze alimentari, sebbene queste siano principalmente condizioni fisiche, possono avere anche un impatto interessante e complesso sui rapporti umani. Nell’alimentazione psicosomatica viene considerata una sorta di correlazione tra intolleranze alimentari e relazioni interpersonali. Le intolleranze alimentari infatti possono emergere in periodi di stress o conflitti nelle relazioni, suggerendo che un problema emotivo o psicologico sottostante si stia manifestando attraverso il corpo.

In alcune situazioni il cibo può diventare simbolico di questioni emotive irrisolte. Ad esempio, un’intolleranza alimentare potrebbe riflettere una difficoltà nell’accettare o “digerire” una particolare situazione relazionale, come spesso succede con l’intolleranza al lattosio.

La fame nervosa: il cibo come nutrimento emotivo

Come detto in precedenza il cibo può divenire un nutrimento emotivo: è il caso della fame nervosa.

La fame nervosa è un fenomeno in cui una persona mangia non per soddisfare il bisogno fisico di cibo, ma per affrontare emozioni difficili come stress, ansia, tristezza, noia o frustrazione. In altre parole, la fame nervosa è una risposta psicologica al malessere emotivo, piuttosto che una risposta fisiologica alla reale fame fisica.

Quando si sperimenta un’emozione negativa, il cervello può cercare un modo per alleviare il malessere. Mangiare cibi che procurano una sensazione di piacere immediato come dolci, snack ricchi di grassi o carboidrati è una via di fuga comune per trovare un riparo emotivo dal problema reale.

Durante la fame nervosa, spesso si mangia in modo distratto, senza prestare attenzione alla quantità o alla qualità del cibo. La persona potrebbe non rendersi conto di quanto sta mangiando o di come si sta sentendo fisicamente mentre mangia, concentrandosi solo sull’alleviare l’emozione negativa.

Riconoscere il fenomeno e adottare strategie più sane per affrontare le emozioni è fondamentale per interrompere questo ciclo.

Migliorare il proprio rapporto col cibo tramite la Mindfulness

Per migliorare il proprio rapporto con il cibo, una delle pratiche più concrete è rappresentata dalla mindfulness. La mindfulness infatti aiuta a sviluppare una relazione più sana, equilibrata e consapevole con il cibo e può avere numerosi benefici, sia sul piano fisico che emotivo.

Questo approccio applicato durante l’atto di mangiare permette di essere pienamente presenti e consapevoli del momento, prestando attenzione a pensieri, emozioni, sensazioni corporee e all’ambiente circostante senza giudicarli. Si tratta di un atteggiamento di accettazione e di non reattività, che ci permette di osservare senza condannare o respingere ciò che accade.

Applicata all’alimentazione la mindfulness implica l’essere consapevoli del cibo, dei nostri pensieri e delle nostre emozioni mentre mangiamo, senza distrazioni o impulsività.

Come la mindfulness può cambiare il rapporto con il cibo?

La mindfulness ci insegna a prestare attenzione ai segnali del nostro corpo. Molte persone mangiano in modo automatico, senza fermarsi a considerare se sono veramente affamate o se stanno mangiando per altre ragioni emotive. Riconoscere la fame fisica dalla fame emotiva è il primo passo verso un nuovo modo corretto di concepire il cibo.

Sapremo per esempio che la fame fisica si sviluppa gradualmente, è accompagnata da sensazioni corporee come il brontolio dello stomaco e si placa una volta che ci si nutre. Contrariamente la fame emotiva si presenta improvvisamente, è legata a emozioni o stress e non si placa con un pasto equilibrato ma necessita di un grande quantitativo di calorie, grassi e zuccheri.

Carla Armellini durante una consulenza di alimentazione psicosomatica in provincia di Padova

Consulenza di alimentazione psicosomatica nello Studio Armellini

Attraverso la mindfulness possiamo prendere decisioni alimentari più consapevoli e meno legate all’istinto, come per esempio il masticare lentamente e con attenzione. Mangiare in modo consapevole infatti significa:

  • prestare attenzione a ogni boccone, osservando il sapore, la consistenza, il profumo e il colore del cibo;
  • ridurre le distrazioni per focalizzarsi completamente sul cibo e godersi il momento (spegnere la tv, disconnettersi dai social, terminare una conversazione telefonica, etc..);
  • migliorare la digestione e evitare il sovraccarico calorico poiché il corpo ha il tempo di registrare il senso di sazietà prima che si mangi troppo.

Un altro beneficio importante della mindfulness nel rapporto con il cibo è che può aiutarci a liberarci dal giudizio negativo che spesso associamo all’alimentazione. Molti di noi vivono con sensi di colpa dopo aver mangiato cibi considerati “non salutari” o in eccesso. La mindfulness incoraggia ad accettare ogni esperienza senza colpevolizzarsi.

Se mangiamo qualcosa di meno sano, invece di sentirci in colpa, possiamo semplicemente riconoscere l’esperienza e prenderne atto senza giudizio.

Una volta riconosciuti i sentimenti che ci portano a mangiare in modo emotivo, possiamo decidere di affrontarli in modi più sani, come praticare la meditazione, fare una passeggiata o parlare con uno specialista che conosce gli elementi portanti dell’alimentazione psicosomatica.

Nello studio di Carla Armellini, a Vigodarzere (Padova), sarai accolto con professionalità e con estrema comprensione. Potrai iniziare il tuo percorso verso un’alimentazione consapevole, apprendendo le tecniche che ti aiuteranno a riacquistare il tuo benessere fisico e mentale.

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